di Lenci Sartorelli

Il corso di incisione era tenuto da Giovanni Giuliani con l’assistenza di Virgilio Tramontin. C’era l’obbligo di frequentarlo nel secondo anno d’Accademia ma io riuscii a intrufolarmi e a seguirlo fin dal primo anno.
Il corso era tenuto in una stanza spaziosa con un gran torchio al centro e belle stampe di Piranesi appese alle pareti. Era sempre piuttosto affollato con diversi studenti intenti a disegnare, incidere e stampare. Ricordo che mentre uno tagliava la carta da stampa, un altro la metteva a bagno dentro una bacinella, un terzo inchiostrava la lastra, un quarto metteva la sua matrice sul piano del torchio e così via: ci si muoveva da una parte all’altra della stanza come se fossimo dentro un laborioso formicaio.
Succedeva che a volte qualcuno inavvertitamente usava la carta preparata da un altro, facendo nascere qualche piccolo diverbio. C’era poi chi accendeva il piano per scaldare le lastre e poi lo dimenticava acceso: in qual caso si sentiva poco dopo un urlo di dolore lanciato dal malcapitato che distrattamente vi aveva messo sopra le mani. C’erano molte tecniche ma io preferivo l’acquaforte, perché si poteva ottenere un segno forte ed essenziale.
Si disegnava con un punteruolo su lastre di rame o di zinco ricoperte di bitume. Finito il disegno si mettevano le lastre in un bagno d’acido che, agendo nei segni tracciati, creava dei solchi atti a trattenere l’inchiostro da stampa. L’inchiostrazione si effettuava a mano ed era molto importante la fase di pulitura della lastra per far emergere la sensibilità e la personalità dell’artista. Si stampava per lo più con inchiostro nero ma anche con qualche colore che il maestro ci metteva a disposizione.
Infine si metteva la matrice inchiostrata sul piano scorrevole del torchio con sopra un foglio di carta umida. Girando una pesante stella si faceva passare la lastra sotto la pressione di due rulli e tale operazione permetteva il passaggio dell’inchiostro dalla lastra alla carta, ottenendo una stampa calcografica originale. Quando un allievo faceva la prima prova di stampa tutti i presenti si precipitavano intorno al torchio a curiosare: la prima stampa di una matrice incisa era sempre una sorpresa.
Mi ero avvicinata all’acquaforte più che altro per curiosità ma dopo aver inciso qualche lastra ho notato che il segno inciso rendeva più espressivi i disegni in bianco e nero della campagna brulla, in particolare avevo la possibilità di dare risalto e rendere più incisivi i tratti delle piccole erbe e degli arbusti che, già allora, mi piaceva riprendere. Era una tecnica che mi appassionava e, infatti, in seguito acquistai un torchio e tutto quanto necessitava alla stampa: ebbi modo così di allestire a casa un piccolo laboratorio personale di incisione.
Nelle immagini due incisioni di Lenci Sartorelli. In alto “La quercia di Villanova”, sotto “Veduta di Venezia”.

Dal libro di Lenci Sartorelli “La memoria dipinta”, edito dall’Associazione Toulose Lautrec nel 1914
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