Venendo per la strada che da Summaga porta al borgo San Biagio di Cinto Caomaggiore, prima di arrivare arrivare alla chiesetta di S. Gaetano, si può vedere sulla sinistra una casa un po’ appartata (oggi sede di agriturismo) con intorno alcuni campi coltivati. Questi terreni sono diventati famosi nell’immaginario popolare per il rinvenimento di alcuni tesoretti di monete romane.

Il tesoretto più ingente fu trovato nel settembre del 1904 dalla famiglia Zucchet: durante l’aratura profonda di un campo fu dissotterrato uno scrigno di legno che conteneva quattromila monete romane coniate in argento. I terreni erano a quel tempo di proprietà dei fratelli Dal Moro di Portogruaro e i contadini per correttezza avvertirono i proprietari del ritrovamento. I Dal Moro si offrirono di trattare la vendita delle monete romane con il Museo Archeologico di Portogruaro e a tale scopo fu a loro consegnato l’intero tesoretto.
Tale affidamento fece nascere qualche sospetto fra i compaesani cintesi e cominciò a circolare una filastrocca che faceva più o meno così: Suchet sucon, i ga trovà i schei e ghe li ha dati al paron. In realtà la cessione delle monete al Museo di Portogruaro fu effettuata il 20 agosto 1905 per la somma di £ 4.200, dopo lunghe ed estenuanti trattative a causa della diffidenza manifestata dai Zucchet.
Sembra che alcune monete romane erano state trovate nel 1884 e un cospicuo gruzzolo di monete furono recuperate nel 1922, all’interno di alcuni vasi di terracotta. Altre monete, circa 600, furono rinvenute in un’olla di terracotta nel 1939 e altre ancora nel 1945, almeno secondo la tradizione orale. Infine un tesoretto fu ritrovato nel 1985: circa un migliaio di monete d’argento d’epoca repubblicana.
Gli storici ritengono che le monete ritrovate in quel terreno siano in totale circa 6200, coniate per lo più in lega d’argento, la maggior parte delle quali furono acquisite dal museo archeologico di Portogruaro. Si tratta in gran parte di denari romani emessi negli ultimi due secoli avanti Cristo e in piccola parte nei primi due decenni dell’Era cristiana. Se tale disamina permette di poter datare l’occultamento tra il 25 e il 30 dopo Cristo, durante il regno dell’imperatore Tiberio, più arduo è invece risalire alle cause e agli artefici.
La presenza in molte monete di contrassegni incisi con un punzone fa ritenere agli studiosi che doveva trattarsi di denaro appartenente a un mercante, in quanto tale pratica era in uso nei traffici commerciali. Presumibilmente un mercante coinvolto in qualche conflitto armato che, per paura di essere derubato, decise di nascondere le sue sostanze in un luogo appartato e sicuro, poco distante da un centro urbano importante come era a quel tempo Concordia.
È solo un’ipotesi non più attendibile di altre. I tesoretti potrebbero anche essere il bottino accumulato da qualche banda di ladroni che viveva nelle Terre deli boschi e che praticava agguati ai mercanti lungo la via Annia e la via Postumia, le due strade romane che s’incrociavano a Concordia. Oppure il denaro poteva essere frutto di qualche illecita vessazione esercitata degli stessi legionari romani.
Si tratta comunque di un occultamento che si dimostrò molto efficace per essere rimasto integro quasi due millenni, anche se non lo fu per gli artefici che non ebbero modo di goderne. Quali siano le ragioni di tale esito non lo possiamo sapere, dato il cospicuo gruzzolo abbandonato si può solo ipotizzare che furono vittime di qualche tragico avvenimento che comportò lo sterminio di una intera famiglia o dell’intera banda di ladroni.
Nell’immagine sopra “La casa nei pressi del campo dei tesori” disegnata da Lenci Sartorelli
Dal libro “Le Terre dei boschi e dei tesori” di Marcello De Vecchi, edito dall’A. Toulose Lautrec nel 2012
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