In memoria di una maestosa quercia

che con la sua presenza

tramandava le nobili vestigia

dell’antico Bosco della Persiana.

La quercia è scomparsa

all’idillio del nostro sguardo

il 30 marzo 2016.

Il 30 marzo 2016 è stata tagliata la più grande quercia della Persiana che non era centenaria come ai più appariva, ma aveva “solamente” poco più di ottanta anni, come si poteva leggere dagli anelli concentrici del ceppo rimasto. Era comunque una nobile quercia, una specie di regina delle querce che attirava l’attenzione delle persone che passavano accanto e si trovava in un posto storicamente importante per il paese.

Si tratta della Persiana una zona dove per millenni hanno trovato terreno fertile gli alberi d’alto fusto come le querce. Questo bosco si estendeva per buona parte del territorio ed era delimitato a levante dal Lison. Il bosco essendo vicino al villaggio di Cinto in epoca patriarcale era molto frequentato dagli abitanti per far fassine e raccoglier ghiande, oppure per far pascolar le bestie. Dopo la conquista veneziana (1420) tali consuetudini furono proibite.

Nel corso del XVI secolo gli alberi di quercia che “popolavano” questo territorio furono messi sotto la tutela dei Patroni all’Arsenal di Venezia, decretando la formazione di un “Bosco di San Marco” di I° categoria denominato Bosco della Persiana. Per maggiore sicurezza fu costruito un casone ai margini del bosco dove alloggiava in permanenza il guardiaboschi.

Parecchi furono da allora i tronchi trasportati a Venezia: il bosco per qualche secolo diede il suo piccolo contributo di legno pregiato per rendere più solide le navi della flotta veneziana. Inoltre all’inizio dell’Ottocento parecchie querce del Bosco della Persiana furono usate per costruire l’attuale campanile della chiesa parrocchiale di Cinto. Secondo la memoria degli anziani gli ultimi lembi del bosco furono tagliati dagli austriaci durante l’occupazione nella prima guerra mondiale.

Data l’età, la quercia che è stata tagliata era nata successivamente, almeno una decina di anni dopo l’occupazione, però questo non impedisce alle piante di tramandare le nobili vestigia dell’antico bosco. Inoltre la quercia si trovava nella zona dove a quel tempo era situato il capanno del guardiano dei boschi di Cinto ed era stata segnalata in alcune pubblicazioni come punto di riferimento per facilitare un percorso storico-naturalistico in quella zona.

Dunque con la maestosità del suo portamento fungeva da megafono storico di una millenaria tradizione boschiva della zona, avendo dunque tutti i requisiti per essere considerato albero monumentale, anche se ufficialmente non era ancora stato censito. Lo era però ufficiosamente e le amministrazioni precedenti ne avevano tenuto conto ed in qualche modo la pianta era stata salvaguardata.

La quercia vista dall’alto: una grande macchia nera sul lato destro della via Persiana

Adesso invece la pianta è scomparsa: il ceppo rimasto ha la circonferenza di circa quattro metri. Con la sua scomparsa si è perso un importante punto di riferimento naturalistico, e questa piccolo lembo della Persiana, oggi ancora per certi versi un piccolo gioiello naturalistico, ha subito un grave trauma e si è impoverita tutta la comunità cintese. Nonostante tante belle parole sprecate sul valore della natura questi fatti dimostrano che la sensibilità in tale settore a Cinto è ancora latitante.

Conoscevo questa quercia molto bene. Ricordo di averla “incontrata” per la prima volta parecchi anni fa. Fu Giovanin De Vecchi un giorno ad indicarmi questa bella quercia che svettava vicino alla sua casa.

Un giorno mentre osservavo l’albero si avvicinò Pieri Trevisan, un bonario filosofo contadino fiol della maga Catina che abitava poco lontano, il quale disse sorridendo – I bei alberi serve anca par farne alsar el ciaf ogni tant. Tale frase mi è rimasta impressa: di sicuro oggi, dopo il taglio di questa quercia, abbiamo un motivo in meno per alzare la testa.

Marcello De Vecchi, 30 aprile 2016

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